Ed eccomi qui a
recensire l'ultimo lavoro de FrostAgrath, progetto DSBM egiziano portato avanti
da Lord Mist. Già il titolo del Full Lenght esprime l'animo della composizione:
A Journey To Infinite Sorrow. Il tutto s'apre con la titletrack, immediatamente
si è colpiti dall'ottima composizione di piano, oramai molto inflazionato nel
DSBM ma comunque d'effetto e le chitarre acide immergono in atmosfere
strazianti. Siamo introdotti al secondo brano: The Passage To Helplessness; qui la particolare impostazione vocale di
FrostAgrath si fa sentire prepotentemente: lontane voci colme di sofferenza che
fungono da filo conduttore a tutto il brano. Ed ora passiamo alla terza
traccia, un intermezzo di circa due minuti, che riposa le orecchie ma non la
mente, oscuro, di certo piacerà ai cultori dell' Ambient e Neofolk. Il quarto
brano, In Cor Silva, è la mia preferita in assoluto: un'ottima intro di piano,
vocal straziante, chitarre più definite rispetto alle precedenti tracce, e la
batteria finalmente si fa sentire... Una piccola perla. Buried Among A
Bloodsheded Shrine, la quinta canzone del disco, fa sentire ulteriormente le
pelli della batteria, e aumenta la velocità delle chitarre; uno stile che si
discosta un poco dal resto dell'album, molto lineare come DSBM vuole. Ultima
traccia, A Solitary Death In The Lost Pathway; una nota d'aggressività permea
questo brano, cupa disperazione che si ricollega perfettamente alla cornice
temporalesca offerta da intro e outro. Un buon lavoro, non innovativo, ma
esiste genere più statico del DSBM? Ben fatto, ma con un solo appunto: il
low-fi va benissimo, crea grandi atmosfere, ma attenzione a non diventare
caotici e indefiniti... E soprattutto a non creare troppe emicranie!
“We are
becoming Brutal” è il secondo album degli Strike Avenue, band Deathcore
italiana. Purtroppo per motivi di tempo il disco è stato registrato
troppo in fretta e con poca precisione, e direi che l’ album ne risente eccome.
Per iniziare direi che le parti in Deathcore ed i breakdown sono in numero
basso e mal definiti, poiché il tutto sembra essere influenzato dal Thrash con
piccoli spunti Metalcore e Death; la parte vocale sarebbe più adatta ad una
band Thrash/Death simile ai Denial Fiend (tral’ altro, le due voci sono
simili), poiché il growl ha una tonalità bassa e “rovinata”. Buone le parti in
chitarra senza troppe imprecisioni, ma la batteria sembra eseguire ritmi Death
Metal influenzati dal –core che vanno a confondere ancora di più l’ idea
iniziale della band. Un album quasi accettabile ma con molte imprecisioni, mi
aspetto un noto miglioramento nei prossimi lavori.
Piccola premessa per iniziare: ciò che leggerete un questa recensione è stato scritto tenendo conto del fatto che non sono riuscito a trovare e, di conseguenza, ascoltare due tracce del disco in questione. “Fuckaholics” è il secondo album della thrash metal band messicana Commando e rilasciato l'anno scorso. Ad una prima e superficiale occhiata potrà sembrare il solito disco “da divertimento”, a causa del titolo dell'album stesso, delle canzoni e della copertina a dir poco tamarra. Ma ascoltato attentamente ci si rende subito conto di come i Commando nascondano molta più sostanza di quanto ci si possa immaginare. La loro proposta è un Thrash metal classico di ispirazione agli Anthrax in fatto di atmosfera e di incedere, assolutamente folle, con canzoni fluide e scorrevoli che non vanno mai a superare i 6 minuti e che si presentano nel complesso ben strutturate, con assoli davvero ottimi e piacevolissime da ascoltare. Le tracce che consiglio in assoluto sono “Rambo The War Machine” (lasciate perdere il titolo ai limiti del ridicolo), con ottime parti di batteria e uno tra i migliori assoli del disco, l'esagerata “Counter Strike”, con una qualche citazione alla celebre “Arise” dei vecchi Sepultura ed un ritornello che non si dimentica, “The Corpse Collector”, ai limiti del technical thrash made in Havok. Infine vi è “Kill The Posers”, con il batterista José Luis De Paro che dà il meglio di sé e con chitarre che trascinano la traccia in un modo assolutamente spassoso e veloce. Ma mentirei se dicessi che quest'album non ha diffetti: quello più grosso sono le parti vocali del bassista/ cantante Cesar Zavala, che in alcune tracce sono un po' sottotono, quasi svogliate, e che rovinano una canzone discreta come “Scarface”. Il secondo difetto, che poi tecnicamente non lo sarebbe, è la già citata mancanza di poter ascoltare INTERAMENTE l'album, poiché le tracce “Intro” e “Night Stalker” non si trovano su Youtube. Comunque rimane un disco che merita tanto; almeno dateci un ascolto per vedere quanto questa divertente quanto ottima band sappia picchiare duro in un modo tutto suo.
I Symbolic sono una band Progressive Metal californiana, le cui influenze principali sono i Rush, i Dream Theater, i Judas Priest, i Black Sabbath ed altre band simili. Xenatopia è un buon disco malgrado i campi di tempo siano poco interessanti dal punto di vista melodico ed il basso sia presente solo verso la fine di "Zealot"; belli comunque gli assoli e la parte della batteria; la voce del cantante è buona, ma il problema tipico di molti cantanti Prog si fa sentire, annoiando l' ascoltatore dopo qualche brano ,data la quantità infinita di acuti; si notano molto influenze alla Dream Theater e Judas Priest per alcuni riff posti tra le pause delle parti cantate. Album discreto,ma non di più.I VOTO: 7,5/10 -Dom-
I D8 Dimension nascono a Livorno nel 2009; grazie
al demo “Demo-N” pubblicato nel 2010 la band vince vari concorsi grazie ai
quali riscuotono un buon successo e riescono a farsi discretamente conoscere
nel campo. Ci troviamo davanti ad una band Industrial/Alternative Metal
notevolmente influenzato da band come Nine Inch Nails, Ministry, Rob Zombie e
Dope. Già dal primo ascolto possiamo notare come il Groove roccioso e l’
effettistica creata dal synth stiano alla base di tutto il lavoro, sorreggendo
una seconda chitarra che esegue i soliti “suoni” dell’ Industrial / Nu ed una
classica batteria con ritmi basilari del genere; la voce è sempre in risalto e
la parte in basso è ben curata. Sicuramente una band con un buon potenziale, ci
vuole quel qualcosa che riesca a distinguere la band dalle altre e un pochetto
più di originalità, ma tutto sommato potrebbe essere considerato un buon
lavoro.
Secondo album all'attivo, uscito nel 2012, della Death/ Thrash metal band di Copenaghen. Attivi dal 2005, i Godless hanno costruito nel complesso un buonissimo album, con partiture thrash ripescate da quelle di Slayer e Possessed alternate a sfuriate death, il tutto alimentato da un'atmosfera sulfurea quasi Sabbathiana che deve molto anche al luogo di provenienza della band (la stessa patria di Sua Maestà King Diamond!). Tra il quintetto spicca senza dubbio il batterista Jesper Olsen, potente e precisissimo, che trascina l'ascoltatore in pezzi come “Cast From Heaven”, “In Arms Way” e “Snakes Of The Low”, dove sono evidenti anche gli ottimi passaggi strumentali dei chitarristi Peter e Henrik Engkjaer. La migliore, a parere mio, dell'album rimane “Surrounded By The Dead”, che alterna violenti blast beat a parti groove in stile Machine Head, assoli malsani e parti vocali feroci, in cui il cantante Anders Bo Rasmussen rievoca una timbrica simile ad un demone uscito dall'inferno. Insomma, un disco che consiglio apertamente a chi campa di Thrash/ Death di qualità, in cui la scarsa personalità del quintetto di Copenaghen è bilanciata alla perfezione con un' atomosfera ed un'abilità tecnica che non possono lasciare indifferenti.
I Tales of the Old sono una band Power Metal, formatasi ad
Atene nel 2010, grazie al tastierista Mike Tzanakis. Il loro forte amore per
band come Therion e Nightwish, ha contributo alla creazione di un sound
personale, ma ispirato che riesce a creare oscure atmosfere giranti attorno ad
un forte campo melodico e sinfonico. Nonostante il punto forte della band sia l’atmosfera, non si
dimentica il resto della strumentazione. Infatti le chitarre eseguono riff non troppo complessi ma
che, alternati con la tastiera, si fanno da sfondo l’uno dall’altro. Come
special guest troviamo la soprano Androniki Skoula, che eseguendo un’ottima prestazione, fa passare in secondo piano il vero e proprio cantante
della band. La scelta dell’inserimento di un’orchestra sinfonica e di
voci all’ infuori del gruppo impreziosiscono l’EP dandogli una nota più
misteriosa ed avvolgente. Questo disco meriterebbe un bel 9/10, ma purtroppo la presenza di
solamente tre tracce impedisce tale cosa, ma resta sempre un ottimo prodotto.
I Súl ad Astral sono una band Post-Rock/Post-Black Metal le cui influenze principali sono gli Alcest, gli Explosions in the Sky, Desiderium e gli Isle of Skye. Il lavoro del duo non è riuscito a colpirmi più di tanto ed a parte qualche sfuriata tipicamente Black l'ho trovato un po' noioso e spento, come la maggior parte delle band del cosiddetto filone Blackgaze. Ciò che manca ai Súl ad Astral per essere una band più interessante sono le tonalità Black Metal, che nel disco sono principalmente assenti. Non sto dicendo che siano una band poco valida o che il loro disco sia pessimo nell'ambito Post-Black, semplicemente sto parlando da non amante del genere e che quindi mi ha convinto poco. Discreto. VOTO: 6/10 -Dom-
Questo split è qualcosa di straordinario. Rilasciato nel luglio di quest'anno,è di due band emergenti italiane entrambe coinvolte nell'ambito Raw/Black Metal Cominciamo con la prima: Veia. E' una one-man band romana con l'aiuto di qualche session man,particolare perchè è una delle poche,forse l'unica a parlare degli Etruschi. La prima traccia,"Canto di Battaglia"porta subito all'interno delle sonorità del Black Metal "grezzo" ossia,voce e chitarra distorta,batteria potente e qualità del suono bassa; La qualità del suono è stata abbassata appositamente per creare atmosfere misteriose e antiche,e la voce distorta quasi come provenisse da una tomba etrusca ,come se gli eventi vengano narrati da un antico etrusco. Nella seconda traccia,Culla d'Italia,sono presenti gli stessi elementi,segue quindi canoni precisi. Questi due brani sono dei viaggi sensazionali all'interno delle antiche terre etrusche,che si concentrano in modo particolare nel panorama militare,occupandosi quindi di battaglie e guerre. Gli unici lati negativi sono alcuni "fail" della Drum Machine,anche se si avvertono di poco,ed il fatto che il basso si senta poco,sovrastato probabilmente dagli altri strumenti. Per il resto è un grande inizio per una band emergente. Passiamo alla seconda band,anch'essa una one-man band di Caserta,presente in questo split. La terza traccia,"Spleen" è una parentesi strumentale malinconica,che si distacca profondamente dal Black Metal grezzo a cui eravamo stati abituati fin dalla prima traccia,è una traccia strumentale dalla quale emergono le capacità della band in questione. Gli elementi caratterizzanti di questo brano sono la batteria possente e che segue ritmi particolari e di notevole tecnica,oltre agli arpeggi di chitarra dolci,sebbene malinconici. La quarta ed ultima traccia,"Transylvanian Forest",segna la chiusura della parentesi strumentale precedente ed il ritorno al sound Raw Black Metal con quest'ottimo pezzo come questo. Le caratteristiche sono sempre voce e chitarre distorte e batteria veloce e martellante,allontanandosi però dalle tematiche riguardanti gli etruschi,per abbracciare argomenti inquietanti ed orrorifici,in questo caso i vampiri nelle foreste della Transilvania. Pur essendo uno split di due band emergenti è da considerare un ottimo punto di partenza,che magari sarà di vantaggio per eventuali tappe in futuro. Si spera anche in un ritorno,magari anche con un album ufficiale,un Demo,o un Ep di queste due band orgogliosamente italiane. VOTO: 8/10 -Dom-
Vorrei cominciare questa recensione con una domanda: perché ho questa strana sfiga di beccare solamente band poco interessanti o, come in questo caso, quasi completamente disastrose ? “No Mercy For The Weak” è l'EP di debutto dei Riexhumation, death metal band italiana proveniente da Brescia, Lombardia, ed uscito circa l'anno scorso. Probabilmente questi quattro giovanotti quando sono entrati nello studio per registrare questo EP pensavano già di essere delle rockstar capaci di sfondare, ma quello che hanno tirato fuori è veramente inutile e atroce e, nonostante la durata piuttosto tipica degli EP (circa 23 minuti), le 5 tracce proposte sono a dir poco noiose e che sanno di già sentito e risentito almeno 20000 volte. Complice anche una registrazione ed un mixaggio che sembrano fatti in casa, la canzoni sono piatte, banali, scontate (sopratutto “Self Deification” e “Flames Of Hate”) e con alcune parti suonate abbastanza male (ad esempio l'inizio di “Carcass Left To Die”, dove batteria e chitarra se ne vanno per conto proprio). L'unica traccia che può avere un minimo di potenzialità è “Visceral Derangement”, dove il batterista Nicko “Il becchino” dimostra di saper fare buoni blast beat alternati a momenti più pacati, anche se tale traccia in questione è rovinata dalla pessima produzione e dalla totale mancanza di personalità nel sound della band, che appare come un miscuglio mal riuscito tra i primi Deicide e gli Obituary. Un consiglio? Evitatelo. Sprecherete solo 23 minuti nella vostra vita, ma almeno voglio sperare che questa band sappia tirare fuori in futuro qualcosa di più interessante. VOTO: 4/10 -ULTHAR-
Il progetto In the Frost nasce nel 2011 a Poznań da due amici.
La loro musica esprime un forte senso di malinconia e rabbia; fortemente
influenzato da band come Darkthrone o Katatonia, il loro Black Metal riesce a
smuoversi dalla classica durezza e freddezza riuscendo a toccare parti più
melodiche e leggere atmosfere. L’ ausilio di una chitarra melanconica che fa da sfondo ad una più
distorta riesce a dare un’ interessante tocco Blackgaze ai brani, anche se a
volte la seconda chitarra può risultare leggermente fuori tempo; la batteria
spesso varia ritmo, da un Black classico riesce a mutarsi in parti Depressive,
e per finire uno scream grezzo canta su una base che calza a pennello ad esso.
Bel disco, attendo che ne esca uno nuovo.
Split fra Twilight Fauna, one man band
Atmospheric/Depressive Black Metal proveniente dalla Appalachia, e tra
Filsufatia, altra band con un singolo componente che offre un Atmospheric Black
Metal melanconico. Anche se i due artisti sono fisicamente lontani a comporre
riescono a trasmettere un legame di depressione e di speranza in ogni singola
canzone. Le chitarre cupe e distorte alternate a quelle malinconiche, una voce
marcia e consumata accompagnata da dei tamburi quasi tribali sono gli aspetti
principali di Twilight Fauna, esprimendo così un vero e proprio stato di
abbandono e disperazione. Filsufatia presenta ottime atmosfere che accompagnano
una chitarra da un suono infernale; spesso il sound si perde anche in qualcosa
di più melodico che impreziosisce il lavoro finale. Bello split, le due band
promettono bene.
Interessantissimo progetto quello dei Celephaìs, un
Post-Rock arricchito da un Blackgaze e da suoni armoniosi che dona all’
ascoltatore un forte senso di purezza e di eternità. Una chitarra melodica alla
base sostiene un riffing veloce e distorto, l’ ausilio di suoni armoniosi e
rilassanti impreziosisce il lavoro finale rendendolo una vera e propria perla,
senza dimenticare i ritmi del batterista che variano dal Progressive Rock al
Black Metal. Non mi sento di alzare il voto sottostante perché è solamente un’
EP, ma oserei dire che è arte fatta musica.
Debutto della thrash metal band brasiliana, attiva dal 1997, uscito un paio di anni fa. L'album si presenta come il più classico del genere, di chiara ispirazione ai Metallica di Kill'Em All, e riesce ad alternare brani articolati e veloci, come la tecnicissima “Mortal Effect” oppure “Downfall”, a mio parere le migliori tracce di tutto il disco, altre ben più scanzonati, per esempio la title track, o “Soulness (S.O.T.D.)”, in cui vi è anche una leggera incursione hardcore ed un paio in cui la ritmica diventa di primissimo piano, come “Beyond Inferno”. Le uniche note che mi sento di citare per quest'album sono la mancanza di vera e propria personalità nel sound degli Woslom e le parti vocali grezze se non irritanti del cantante/ bassista Francisco Stanich Jr., ma ciò non va ad intaccare più di tanto la qualità di un album divertente e senza pretese. Consigliato senza dubbio a chi campa di thrash vecchio stampo immediato e senza fronzoli; in caso contrario dateci comunque un orecchio per curiosità, altrimenti guardate altrove.
Alessandro Bevivino è un cantante/chitarrista Italiano. In
passato ha avuto molte band metal, come i Cyber Cross, The Fabulous Concerto ed
i Tron, ma contemporaneamente si dedica a vari progetti Hard Rock e col tempo
si specializzata acusticamente. Nel 2005 esce il primo album autoprodotto, cioè
“New Branch” e successivamente nel 2009 esce anche il seguito, “New Branch: New
Rose of tomorrow and Dead Unplugged”. Ma la storia non è finita qui, perché nel
2011 pubblica “I corti di Verbo Nero”, al quale dopo poco tempo allega “Disco
Samurai”, e per finire nel 2013 è stato pubblicato anche “I Corti di Verbo
Nero: Scene Eliminate”. Ed ora diamo uno sguardo generale ad ogni album: - “I Corti di verbo Nero + Disco Samurai”: sono degli album essenziali
in stile live, poiché è presente solamente voce, chitarra e basso (suonato da
Eric Lucon). “I Corti di verbo Nero” è costruito come una colonna sonora di un
ipotetico Spaghetti Western, ironizzando sulle produzioni Hollywoodiane, testi,
artworks e sulla lingua Inglese; - “New Branch: New Rose of tomorrow and Dead Unplugged”: è stato creato
con l’ intento di partorire un disco acustico Hard Rock, per la precisione
Grunge; infatti durante l’ ascolto si possono notare influenze stile Alice In
Chains e Faith no More, senza dimenticare il tocco personale che caratterizza
l’ artista; - “I Corti di Verbo Nero: Scene Eliminate”:album composto da
dieci tracce con un genere indefinito e prendendo vari aspetti dai dischi
precedenti.
Iniziamo con il primo album, “New Branch: New Rose of tomorrow and Dead
Unplugged”, una sola parola per descrivere questo disco: semplicità. Il primo
brano “Dead Unplugged” apre con stile l’ album, un voce emotiva che spesso
cambia tono accompagna un ritmo calmo e caldo creato dalla strumentazione che
c’è sotto. La doppia voce è usata spesso, come in “Earthquake Motel” e “Justice
and Mud”, la quale rende la canzone ancor più divertente; le maggiori influenze
delle band che ho citato prima si evidenziano soprattutto in “New Rose of
Tomorrow”, “Behind Blue Eyes” e in “Dry”. In “New Legend”, ”Pop Down” e “Rusty
Nails” emergono parti più melodiche che si immergono in cupe tonalità, il tutto
accompagnato da una base Elettro-Melodica. Sicuramente “You Gotta Snap ME” e le
due bonus track (“Arabian Trip” / “Revolution Counter”) sono le più personali,
infatti racchiudono svariati sound e generi diversi grazie ai quali il lavoro
guadagna ancor più valore. Il secondo album è “I Corti di Verbo Nero”, il primo
disco costruito come colonna sonora per un film Wester, e creato solamente con
strumenti essenziali proprio come nei live. Il primo brano è “Flood of Tears
(Il fiume)”, il ritmo è completamente basato su un unico riff di chitarra, al
quale la voce si lega perfettamente, “Kill Me (Tentato Suicidio) e “Baradeida
(il coca party) presentano una voce particolare specializzata sia in acuti che
in clean. Altri brani interessanti sono “Koko B. Ware”, che anch’ esso porta
con se una voce particolare ma curata, e “First Novembre Butterfly (Moth)” che
racchiude in se una parte del fascino dell album. Unito al full length appena
descritto troviamo “Disco Samurai”, un EP che cerca di spiegare e fare uscire
meglio il senso dell’ album precedente. La prima delle quattro tracce è
“Primative Nature”, la quale descrive il mondo indiano, presentando urla e,
come dice la canzone stessa, natura primitiva; “Black Water” e “My Celebration”
creano da ponte per unire i due brani agli estremi, “This is for You”, cerca di
riprendere le urla presenti nel primo brano del disco ma presentandoli in un
modo più particolare. Ed ora veniamo alla novità, cioè “I Corti di Verbo Nero:
Scene Eliminate”, veramente un disco unico ed ironico. Prendendo una base nello
stile di quelle de “Disco Samurai”/“I Corti di Verbo Nero” e aggiungendoci
suoni, discussioni o scene improvvisate ne esce un risultato divertente ed
ironico.Una discografia ben fatta, ascoltandola insieme si può capire l’
esperienza che l’ artista porta con se (e no, non sono Andrea Diprè!); un
lavoro fatto veramente col cuore e che si può ben comprendere ascoltando i CD
in successione, merita, e non poco!
Il progetto francese Müldeponie nasce nel 2012
sotto forma di band Ambient spaziante in sottogeneri affini. Da un punto di
vista più ampio il genere principale è sicuramente il Dark Ambient, ma entrando
nello specifico si sentono lievi influenze Drone e sfumature Noise; in questo
disco spesso vengono aggiunti suoni che richiamano la natura (mare ed insetti)
oppure parti malinconiche che creano una spessa atmosfera. I brani sono capaci
di rilassare ma allo stesso tempo portare un senso angosciante ai più sensibili, grazie all’ ausilio
di suoni in sottofondo sicuramente non “benevoli”; bellissime le parti più
naturalistiche accompagnate da uno sfondo Epic Ambient. Adatti agli appassionati
del genere, ma sicuramente se ci si invaghisce anche un pochetto il prodotto
finale non stuferà.
Album di debutto della band italiana registrato due anni fa. Il disco tutto sommato è godibile, se non fosse per il fatto di una mancanza di personalità musicale per il quartetto italiano e per una produzione mediocre che non riesce a far esaltare del tutto le parti di batteria, voce (scopiazzata totalmente da quella di Quorthon dei Bathory) e chitarra. In ogni caso alcune tracce “da svago” ci sono, per esempio “Road to Madness”, che si presenta come un incrocio tra gli Havok e i primi Morbid Angel, oppure “The Haunt”, che prende molta ispirazione dai Coroner; ma la più carina rimane “Ready To Fight” che contiene il miglior assolo di tutto il disco. Ma queste tre canzoni non riescono a risollevare un disco non brutto ma assolutamente non originale e che sa tutto di “già sentito e risentito”. Un esordio dignitoso e divertente, ma incapace di portare attenzione sulla band veneta!
Stoner Metal duro arricchito da uno Sludge bello “ignorante” e da
qualche tocco Doom, ecco cosa sono i Camion; adatti per un caldo e lungo
viaggio nel deserto, magari anche con qualche cassa di birra. Un riffing duro e
roccioso che ogni tanto si scambia con accordi rockeggianti che danno un tocco
più leggero ai brani è uno dei punti di forza della band, il forte pestare
trascinato del batterista rende il tutto ancora più greve; buonissimo il basso
che fa rimbombare sempre più i brani ed ottima l’ idea di usare lo scream
invece che la classica voce pulita. Nonostante l’ insieme sia duro e solido non
mancano parti più cupe o influenzate dal Doom che impreziosiscono il disco
andando oltre alle classiche rombanti e gravose ritmatiche; buonissima band,
assolutamente consigliata.